Costume e Società

Tradizioni, Usi e Costumi: il Carnevale 

       Ancora oggi Capaci conserva gelosamente anche le più antiche tradizioni ed osserva con intenso fervore religioso tutte le feste, comprese quelle non comandate, fino al punto da coinvolgere molte famiglie a sostenere non indifferenti sacrifici economici per parteciparvi con dignitoso decoro, un tempo non proprio lontano. E' noto infatti che, senza nulla togliere al valore spirituale che presiede ogni manifestazione, le ricorrenze più solenni costituivano occasioni particolari per consolidare amicizie o allacciare nuovi rapporti soprattutto di natura sentimentale (corteggiamenti, fidanzamenti, etc.).   

       In febbraio il Carnevale faceva il suo ingresso ufficiale con la "trasuta du nannu e da nanna" tra il festoso lancio di "pittiddi" (coriandoli) e di stelle filanti ed i lazzi e le risate delle maschere che accorrevano in gran numero per tributargli quella che senza dubbio poteva definirsi la più calorosa ma anche la più rumorosa accoglienza che si potesse riservare ad un ospite gradito. Mortaretti e tric-trac la facevano da padroni mentre nelle case e per le strade imperversavano turbinii di suoni, di balli, di luci e di colori fantasmagorici che per tre giorni animavano le più pazze sfilate di maschere e di costumi all'insegna di una contagiosa allegria.

       I festeggiamenti si concludevano con la morte "du nannu", padre di vizi e di bagordi, rappresentato da un fantoccio sbrindellato che, dopo un sommario e divertente processo popolare, veniva condannato a subire l'ignominia del ludibrio pubblico legato su una sedia sgangherata sospesa ad una fune tesa tra i balconi delle case in diverse strade ed, infine, a scontare tra le fiamme, ai primi rintocchi della mezzanotte, la sua sfrenata ingordigia, tra un'ironica e spassosa cornice di tribali esaltazioni e di funeree costernazioni; a monito di quanti, in quei tre giorni, ne avevano emulato le abitudini lussuriose e con l'auspicio di un loro recupero ad una vita meno dissennata.

       Il ritmo frenetico di quell'esuberante manifestazione, fino a qualche decennio fa, non risparmiava proprio nessuno. Quasi tutte le famiglie, infatti, senza alcuna distinzione di ceto, solevano trasformare un angolo di casa appena un pò ampio in una dignitosa pista da ballo adorna di festoni multicolori e con tanto di assordante giradischi per accogliere a suon di tango, valzer, polka, mazurca o di una scatenata e coinvolgente tarantella le tante comitive in maschera che nella notte si spostavano da una casa all'altra attratte da quei ritmi invitanti, come falene irrequiete prese dalla luce. 

       Il Carnevale rappresentava una delle pochissime occasioni per scaricare energie negative quotidianamente represse ed affrontare con rinnovata fiducia la dura realtà del giorno dopo e, secondo la migliore tradizione patriarcale, costituiva per gli innamorati l'evento propizio per definire attraverso sguardi rivelatori incerti consensi amorosi, carpiti furtivamente in timidi approcci durante le festività natalizie appena trascorse. Tali contatti di solito si concretizzavano di lì a poco nel corso delle festività pasquali con il fidanzamento e lo scambio di doni caratteristici della solennità religiosa, consistenti in: "Pupi di zucchero", riproducenti cavalieri a cavallo e figure di donne; "cannateddi", dolce tipico della Pasqua; "chiavi", altro dolce tradizionale, che servivano per aprire simbolicamente la porta del cuore dell'amata, ed ancora galli e capretti vivi, tutti rigorosamente infiocchettati, e, naturalmente, i consueti "impegni" in oro (anelli, collane, orecchini); coordinati non sempre facilmente accessibili da parte di tutte le famiglie a causa delle precarie condizioni economiche nelle quali versava la comunità in quel tempo. 

       Vuole la tradizione carnevalesca che 'u "nannu" fosse molto ghiotto di maccheroni al sugo e che, dopo la solita proverbiale abbuffata, un ultimo piatto gli sia risultato fatalmente indigesto. Ad onor del vero, bisogna pur dire che in quei giorni un pò tutti si lasciano prendere la mano da gioiosi eccessi, irretiti da un pretestuoso senso di fedeltà e attaccamento alla tradizione che vuole che la festa sia accompagnata da grandi portate di "maccarruna 'i casa" al ragù, da generose scorpacciate di salsicce innaffiate con un dolce vinello e dalla degustazione di rinomati cannoli; purché prodotti rigorosamente locali.