Costume e Società

Tradizioni, Usi e Costumi: da Ognissanti a Natale

       Il 1° novembre si festeggia la "Sagra della vastedda", sorta di focaccia di pane non lievitato, che originariamente veniva condita con olio novello d'oliva, sale e pepe ed in seguito variamente arricchita con sarde salate (o acciughe) e/o con caciocavallo (grattugiato o a scaglie). Oggi simboleggia la fortuna, la prosperità e la pace ed ha luogo nelle prime ore antimeridiane; ma continua a rappresentare tuttavia una tradizione popolare ancora molto sentita che affonda le sue radici nella ricorrenza di Ognissanti, un tempo interamente dedicata alla cura delle tombe dei cari estinti.

        Quel giorno, la mattina presto, era consuetudine predisporre la "vastedda" con i tipici condimenti da portare al cimitero. Essa costituiva il pasto principale da consumare durante una breve pausa dei lavori di pulizia e di ornamento delle sepolture, in sostituzione del pranzo per la cui preparazione il ritorno in paese, oltre a comportare notevoli disagi, avrebbe potuto compromettere la sistemazione delle tombe in tempo utile in considerazione della visita ufficiale da rendere ai defunti il giorno dopo.

       Con il mutare delle condizioni socio-economiche la Sagra ha finito con il rappresentare la ricorrenza ideale per far conoscere i genuini prodotti locali; a cominciare proprio dall'olio d'oliva per il quale Capaci, fino a qualche decennio fa, era assai rinomato per la sua notevole produzione e lavorazione nei suoi diversi "trappeti" (frantoi) oltre che per le sue caratteristiche qualitative e gustative particolarmente esaltanti. 

        Dicembre è, senza dubbio, il mese più ricco di consuetudini. Annovera infatti la tradizione dell'Immacolata (8 dicembre), di Santa Lucia (13 dicembre; ricorrenza alla quale sono legati: la preparazione della famosa "Cuccìa", chicchi di frumento, cotti e amalgamati con latte, cannella e cioccolato o con miele, ed il divieto per i devoti di consumare pane e pasta, sostituiti da riso variamente condito, arancine, panelle e fave "a cunigghieddu", pizzicate e bollite con giri, specie di verdura), senza trascurare naturalmente la solennità del Natale. Per l'occasione la città si veste di un'atmosfera nuova assumendo quell'aria di festa particolare tipica delle grandi solennità che si coglie negli aspetti più dolci e sereni del viavai giornaliero, negli addobbi ornamentali del Corso principale con i suoi lunghi tappeti dai vistosi disegni, nella splendida cornice di luminarie e di alberelli adorni di fiocchi e palline multicolori mentre nelle case e per le strade si diffonde intenso ed invitante il profumo dei tipici "mustaccioli", dolci di farina e miele preparati tradizionalmente solo in questo periodo dell'anno, a partire dalla festa dell'Immacolata. Ovunque sono visibili i segni nuovi della preparazione al più solenne evento cristiano che si manifestano intimamente con insolite sensazioni di serenità e di pace ed il risveglio di piacevoli emozioni assopite.

       E' costume che, durante la novena natalizia, nei nove giorni, cioè, che precedono la nascita di Gesù, una piccola banda musicale accompagni al suono di strumenti vari o della pastorale "ciaramedda" la voce di un narratore che di casa in casa rinnova con strofe cantilenanti le peripezie sofferte da Maria e da Giuseppe prima di trovare alloggio in una grotta fredda e spoglia ove Gesù ebbe i natali. E', questa, la "ninanedda", la più classica delle tradizioni cittadine ormai travolta anch'essa dall'inesorabile pulsare della civiltà moderna.

       Ma, se in questo particolare periodo di inconsce riflessioni e di improvvisi e struggenti ricordi hai la fortuna o la forza di fermarti un poco, volgi indietro gli occhi della mente e nelle case appena rischiarate dal tenue luccichio di un lumicino, accanto ai visi di tanti bambini con i nasini appiccicati ai vetri appannati delle finestre, potrai scorgere anche il tuo e nei loro occhioni sempre attenti e sorpresi potrai cogliere ancora il profondo stupore di quelle sere piene di magia quando il suono di quella voce dolce e dolente si diffondeva nell'aria aprendo i cuori alla commozione, alla luce ed al calore, anche se fuori il buio era pesto ed il freddo, il gelo e la pioggia penetravano nelle ossa mentre i lampi squarciavano le tenebre ed i tuoni sembravano ruzzolare nel cielo con grande frastuono, coprendo ogni rumore.

       Da qualche anno la "ninanedda" ha riscoperto il suo antico splendore grazie alla rifondazione della Banda Musicale cittadina che, con la denominazione di "Associazione Musicale e Culturale Santa Cecilia" e sotto la direzione del Maestro Joe Vitale e la presidenza del Maestro Natale Russo, è tornata a far rivivere i colori, le emozioni ed il fascino d'altri tempi, dopo oltre mezzo secolo di silenzio. Dall'11 ottobre 2011 l'organizzazione è presieduta da Simone Alessandro Siino.

       Oggi la Banda si avvale di un organico di trenta elementi e di una scuola di canto per bambini e può contare su un nutrito gruppo di giovanissime majorettes. (Vedi capitolo: "La Banda Musicale")