Arte

    La Chiesa Madre: Gli Affreschi

       Gli affreschi della navata centrale sono stati realizzati nel 1744 dal pittore Giuseppe Trisca da Sciacca su incarico del Conte di Capaci, Ignazio Pilo. Essi rappresentano un vero e proprio percorso teologico-catechistico sul dogma dell’Assunzione al Cielo, in anima e corpo, della Beata Vergine Maria; mistero questo che, professato dalla Chiesa d’Oriente fin dal V secolo con il titolo di Dormizione della Vergine”, ha trovato larga diffusione anche nella Chiesa d’Occidente e già fin dall’anno mille sono cominciate a sorgere numerose chiese a Lei dedicate. In Sicilia tale denominazione venne privilegiata soprattutto dai sovrani normanni che a partire dall’undicesimo secolo fecero erigere in suo onore numerose cattedrali in città come Palermo, Monreale, Messina, Siracusa, Enna.

       Anche il Duomo di Capaci ha subito lo steso fascino tanto che sulla sua volta centrale la figura della Vergine Assunta è diventata il tema principale dell’opera che, nella stupenda cornice di immagini allegoriche e di simboli biblici, rappresenta la più alta e sicura testimonianza dello spirito religioso che animava i nostri antenati. E' significativa, a riprova di ciò, la dedica primaria dell'edificio alla Madonna del Rosario.

       Il grande affresco raffigura dunque la Madonna nel momento in cui circondata da una fitta schiera di angeli ed assisa su una grande nuvola rosata ascende all’empireo celeste nella gloria della SS. Trinità: ai lati il Padre e il Figlio reggono la corona, simbolo di regalità, sospesa sul suo capo mentre lo Spirito Santo in forma di colomba discende su di Lei colmandoLa del suo splendore. Nella diffusa luce ambrata che permea la scena e nel contrasto dei colori tenui del rosa, dell' azzurro e del bianco degli indumenti è facile cogliere la forza profonda che lega Maria alla Trinità nella triplice veste di vera figlia del Padre, vera madre del Figlio, vera sposa dello Spirito Santo. E su di Lei, che per prima ha creduto, risplende la luce della Fede infondendo sugli astanti la consapevolezza che lo stesso premio è riservato ad ogni credente, ad ogni cristiano alla fine dei tempi.

       Al tripudio assistono gli Apostoli che l’artista raffigura in un emisfero più basso e meno luminoso quasi a voler separare la dimensione umana da quella celeste nella quale brilla di luce propria la figura della Vergine.

       Tra di essi sono riconoscibili: San Pietro che con la destra regge le chiavi del Regno, San Paolo con in mano la spada, simbolo della parola di Dio, San Giovanni in aspetto giovanile che stringe tra le mani il calice dell’Ultima Cena, San Giacomo maggiore con il mantello e il bastone da pellegrino, Sant’Andrea seduto su un possente tronco simbolo del martirio.

       All’affresco centrale fanno corona otto riquadri minori con i personaggi del Vecchio Testamento strettamente legati alla figura della Madonna e all’avvento del Messia Salvatore. Si tratta di quattro donne: Giuditta, Giaele, Rebecca ed Esther che si alternano e si contrappongono a quattro figure di uomini: Abramo, Isaia, Davide e Salomone.

       Le prime due, Giuditta e Giaele, riponendo la loro fiducia incondizionata in Dio, sono la prefigurazione dell’Immacolata Concezione. Giuditta è rappresentata mentre mostra fieramente la testa troncata del Generale Oloferne; Giaele nell'atto di trafiggere con un punteruolo il capo del perfido Sisara. Esse con virtù eroica annientano il male in forza della loro fede, così come Maria, accettando con umiltà di divenire l'Ancella di Dio, con lo stesso vigore schiaccia la testa del serpente, simbolo del demonio, liberando dal peccato l’umanità redenta dal martirio di Cristo.

       Nell’affresco Giuditta è raffigurata con indumenti dai colori tradizionalmente tipici dell’Immacolata (il bianco per la veste e l’azzurro per il manto) mentre con la destra brandisce una grossa scimitarra e con la sinistra regge la testa mozzata di Oloferne.

       Di fronte si trova il dipinto di Giaele che implorante volge lo sguardo al cielo per invocare il coraggio e la forza necessari per affrontare e sconfiggere il perfido Sisara. L'eroina stringe tra le mani il punteruolo e il martello con i quali si accinge a compiere il volere dell’Altissimo per la salvezza di Israele.

       Il terzo personaggio femminile è Rebecca, dolce figura che presagisce la divina maternità di Maria divenendo la sposa di Isacco e la madre di Giacobbe, colui che, scelto dal Signore, si chiamerà Israele per suggellare il Patto di Alleanza stretto tra Dio e il suo popolo. Allo stesso modo, tramite Maria, un nuovo patto di redenzione si rinnoverà con l'umanità attraverso l’incarnazione, la passione, la morte e la resurrezione del Figlio, Gesù Cristo.

       Esther è l'ultimo dei personaggi femminili che, avvolta in splendide vesti, che ne esaltano il rango e la dignità di regina, prefigura la regalità di Maria e ne simboleggia la virtù, la pietà e l'amore per il suo grande potere di intercessione. Così come Esther, infatti, ha saputo intercedere presso il re Assuero in favore del popolo d’Israele, allo stesso modo la Madonna, in forza della sua divina maternità, interviene presso Dio a perorare per tutti i cristiani che La riconoscano Madre e Avvocata.

        I quattro personaggi maschili sono legati, invece, alle Tre Virtù Teologali: la Fede, la Speranza e la Carità.

       Abramo, patriarca di Israele e padre nella fede di tutti i credenti,  prefigura la Vergine Maria che accetta senza riserve il volere dell’Altissimo.

       L’affresco si trova nella parte centrale in direzione dell’Altare Maggiore.

       Di fronte, nel riquadro situato in corrispondenza della porta d'ingresso principale, è raffigurato il profeta Isaia, simbolo della speranza del popolo eletto che attende la venuta del Redentore. Speranza che trova compimento in Maria. Guardando l’affresco ed osservando in particolare il volto del vecchio profeta sembra quasi di cogliere le sue parole: “Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio che si chiamerà Emmanuele che significa Dio con noi”.

       Infine, nei due affreschi posti rispettivamente sopra le cappelle della Madonna del Rosario e di Sant’Erasmo, troviamo i due grandi re d’Israele, Davide e Salomone, immagini della Carità e della Virtù.

       Davide è raffigurato con l’arpa tra le mani mentre intona inni di lode al Signore. Egli è prefigurazione di Maria che instancabilmente loda il nome dell’Altissimo: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato all’umiltà della Sua serva; d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”.

       Salomone invece è raffigurato come giusto giudice e re sapiente. Presso di lui venivano i potenti a chiedere consigli e favori e a lui venne da lontano la regina di Saba e a lui si deve anche la costruzione del primo tempio di Gerusalemme.

       Salomone precorre la figura della Madonna quale Casa di Dio e Sede della Sapienza.

       Tra gli otto affreschi, infine, sono dipinte altrettante vele recanti simboli biblici che richiamano il ruolo e la missione di Maria.

       Tali simboli possono configurarsi come segue:

- l’arcobaleno è l'immagine di Maria che con la sua maternità divina unisce la terra al cielo;

- l’Arca di Noè, arenata sul monte Arafat, è simbolo della Nuova Allenza;

- la nube luminosa rappresenta lo Spirito Santo che ricolma la Vergine della sua grazia;

- la palma è simbolo di martirio e di dolore. Essa ricorda le pene sofferte dalla Madonna ai piedi della Croce.

- lo specchio senza macchia è simbolo dell’immacolato concepimento di Maria;

- il cedro del Libano rappresenta la purezza e la verginità perpetue della Madonna;

- il cipresso piantato sul Sion (il monte su cui sorgeva il tempio di Gerusalemme) ci mostra Maria quale Madre della Chiesa;

- la verga di Mosè, che si leva in alto per compiere prodigi, prefigura l’esaltazione di Maria nella gloria celeste dopo l’Assunzione.

       In conclusione possiamo senz'altro affermare che gli affreschi del Duomo rappresentano non solo un luminoso esempio di arte contemplativa ma anche e soprattutto una grande testimonianza del tradizionale fervore religioso che animava i nostri antenati; patrimonio, dunque, che va tutelato con riverente rispetto quale parte inscindibile del nostro bagaglio storico e culturale.