iTra leggenda e storia

     Il Feudo

       Il termine"feudo", di origine tedesca, cominciò ad essere usato attorno all'Anno Mille al posto di"beneficio", fino ad allora inserito nell'ordinamento romano per indicare il conferimento di un bene o di un diritto su un'area territoriale e sulla sua popolazione. Da quel momento il feudatario, discendendo la sua figura giuridica da un atto di concessione da parte dell'autorità sovrana, in ricompensa della fedeltà dimostrata nella lotta contro i suoi nemici o per un servizio prestato o per obbligo a prestarlo in futuro, cominciò ad assumere di fatto un grande potere amministrativo decentrato che finì con il trasformare il vincolo subalterno di vassallaggio in un sistema di rapporto fiduciario il quale divenne ben presto ereditario. 

      Il prevalere del termine germanico su quello latino riflette il profondo cambiamento che aveva investito le istituzioni politiche, economiche e sociali dell'Europa occidentale già molto prima dell'avvento del nuovo millennio. Dopo la morte dell'imperatore Carlo Magno, infatti, i suoi successori, in seguito all'emanazione nell'877 del Capitolare di Quierzy (Disposizione dell'imperatore Carlo II, detto il Calvo, che in assenza del re concedeva ai figli maschi dei feudatari il diritto di esercitare le funzioni del padre), dovettero progressivamente rassegnarsi a riconoscere l'ereditarietà dei feudi nella speranza di legare a sè ed ai propri successori i signorotti feudali. Ma il carattere ereditario del feudo finì con il trasformarsi a sua volta in una potente leva di autonomia che contribuì alla permanente instabilità di tutto il sistema feudale. Con esso, in pratica, il rapporto di importanza tra feudo e vassallaggio di memoria carolingea venne ad invertirsi poiché il primo divenne proprietà personale quasi piena. Tuttavia il nuovo legame contrattuale di vassallaggio, suggellato con giuramenti di omaggi e di fedeltà, ebbe il merito di tenere collegata la proprietà terriera al servizio politico e militare dell'autorità centrale preservando così l'Europa medievale dalla sua disintegrazione in una miriade di signorie indipendenti.

       Nell'immobilismo generale del tempo va, però, ricordato un evento di notevole importanza storica risalente al 1176 che, pur non influendo in modo diretto sullo sviluppo del territorio, è da considerare significativo per determinare l'ordine di priorità dei fatti che, poco per volta, come in un puzzle, permettono di ricostruire la nascita della Città.

       Ci riferiamo alla concessione del diritto ad esercitare la pesca nelle acque di 'insula Fimi' (configurante tradizionalmente il canale che separa l'isoletta dalla costa) accordata dal re normanno Guglielmo II detto il Buono al vescovo di Monreale Teobaldo ed estesa nell'interpretazione del beneficiario anche sul tratto di terraferma antistante. Secondo tale rivendicazione i confini della tonnara di Punta Parato erano da intendersi estesi fino a comprendere l'estremità sud dell'Isola di Fimi, ricadente amministrativamente nel feudo di Capaci e facente parte ecclesiasticamente della Curia arcivescovile di Mazara del Vallo. Fu subito chiaro che, seppure approvato dal papa Alessandro III, tale decreto di donazione era destinato a suscitare aspre reazioni in seno alla famiglia dei signori di Capaci i quali, più che considerarla una vera minaccia per la prosecuzione delle proprie attività marinare, la ritennero una palese violazione del diritto di proprietà vantato sulla località in questione, denominata da tempo "Tonnara" e fino ad allora amministrata quale parte del proprio feudo.

       La controversia giuridica, com'era prevedibile, si trascinò a lungo e per diverse generazioni con alterni risvolti fino a quando il decreto reale, ribadito nel 1370 dal re d'Aragona Federico III, detto il Semplice, venne applicato e rispettato nella forma più estesa in seguito all'intervento decisivo del Papa Clemente VIII Aldobrandini nel 1599.

       Va tenuto presente, in ogni caso, che i fatti considerati rivestono particolare rilievo in quanto costituiscono i prodromi storici di un nuovo insediamento comunitario che, pur continuando a far parte del territorio di Capaci, si affermerà ben presto in tutta la sua realtà marinara divenendo dal I gennaio 1855 comune autonomo con la denominazione di Isola delle Femmine. (Vedasi al riguardo la pagina web: http://www.Capaci.info/Isola).

      In questo contesto Capaci si inserisce come terra di nessuno, un territorio spopolato, occupato quasi per intero da boschi di querce e da qualche vigneto e continuamente soggetto a saccheggi di legname ed a frequenti cambiamenti padronali. I venti delle innovazioni nelle istituzioni politiche e socio-economiche, che pure agli albori del primo millennio investirono, scuotendole, le Corti d'Europa, non  ebbero mai a sfiorarlo per cui sarà costretto a subire ancora una volta l'incuria degli uomini e le ingiurie del tempo ed a conservare fin quasi alla prima metà del XIII secolo la denominazione giuridica di feudo. Di fatto nessun vincolo di vassallaggio o di dipendenza amministrativa verrà mai costituito tra questa terra ed il nuovo sistema politico fino all'avvento del Casale (1241), fino a quando, cioè, l'autorità centrale non ne affiderà la gestione ad un proprio suddito fedele, ponendo fine al ruolo di riserva attribuito al territorio per sfruttarne e depredarne in apparente legalità le abbondanti risorse (legno da costruzione, soprattutto).    

      L'epoca feudale rappresenta, dunque, il periodo più oscuro della storia di Capaci benchè occasionali testimonianze ne descrivono i luoghi ameni e ne esaltano la bellezza del paesaggio. Eppure i preziosi reperti archeologici del passato, le vestigia inequivocabilmente antichissime delle origini e i venti di una fiorente civiltà in continua ascesa sembravano averle riservato un luminoso futuro. Per alcuni secoli invece gli oscuri disegni della storia sembrano averlo relegato in uno splendido isolamento dove si affievoliscono i ricordi del passato e si smarriscono persino le tracce della sua identità.